Mia zia da Roma ha voluto regalarmi un libro dal titolo abbastanza ambiguo
“Chiudo il gas e vado via”. L’autrice è per me una sconosciuta, anche se poi ho
saputo che ha scritto degli articoli su The Guardian. Si chiama Emily Barr.
Sarò sincera, all’inizio pensavo che questo libro fosse un romanzetto
rosa sdolcinato per donne frustate. Poi, ho capito che invece si trattava di un giallo, ma molto leggero. La copertina dai colori pastello e dall’immagine
simpatica e il titolo ironico non combaciano con la storia, abbastanza tragica
e complicata. Insomma, ciò che ci si aspetta dalla storia non coincide con l’intreccio
stesso. Penso che ci sia stato un errore da parte di chi ha gestito la grafica
della copertina e la traduzione del titolo oppure è voluto.
La storia è carina ma in certi punti è sviluppata senza riuscire a
coinvolgere il lettore. Il fatto principale è che una donna, per diversi
motivi, decide di cambiare identità ma dopo dieci anni viene scoperta e…
La cosa strana è che in certi punti è come se avessi letto qualcosa
che avrei potuto scrivere io; cioè, invece di sentirmi vicina ai personaggi, mi
sono sentita un tutt’uno con la scrittrice. Certe cose le avrei scritte
pari-pari. Non mi era mai successo prima di provare questa sensazione!
La storia è ambientata in Australia, non a Sidney o a Camberra, ma in
un paese sperduto nel deserto, di nome Craggy e qualcosa… Se avevo un minimo
desiderio di visitare la terra dei canguri, leggendo il romanzo, mi è
letteralmente passata la voglia!
In certi momenti, tutti avrebbero voglia di partire per un po’; di
dimenticarsi da dove vengono e chi sono; di prendere un’identità diversa e
ricominciare. Non è così facile. Però, alla fin fine, un modo per evadere
esiste (e non mi riferisco a droghe o ad alcol). Basta solo fregarsene di tutto
e di tutti (senza esagerare) in quei momenti in cui ci si sente con il fiato
sul collo.