Cari divoratori e mangiucchiatori di libri, ho appena finito di
leggere il secondo romanzo di Paolo Giordano “Il corpo umano”. E’ stata la
copertina ad incitarmi perché altrimenti avrei lasciato il libro sullo scaffale
a continuare a prendere polvere. Ho ancora brutti ricordi riguardanti “La
solitudine dei numeri primi” (il libro esordio di Giordano). Non mi capacito di
come un libro del genere abbia potuto vincere il premio Strega” e vendere oltre
due milioni di copie in tutto il mondo! Secondo me, è stato il marketing a
vincere e non certo il racconto in sé.
Ma lasciamo stare le mie paranoie.
“Il corpo umano” è un lungo flashback di alcuni militari in missione
in Afghanistan. L’insulsaggine della loro presenza in quel territorio ostile
aumenta di pagina in pagina. Le loro storie si perdono tra ciò che hanno dovuto
lasciare in Italia (una moglie, dei figli, una donna incinta, una madre, la
salute mentale) e ciò che trovano nel territorio dei talebani (il deserto, bei
tramonti, mine, attentati).
A volte non abbiamo per nulla rispetto per il nostro corpo. Lo usiamo
come fosse una macchina, un giocattolo, un’attrazione, uno scudo, un’arma e ci
accorgiamo della sua preziosità solo troppo tardi. Ci rendiamo conto che non
siamo immortali solo quando stiamo poco bene. Anche solo un banale raffreddore
ci ricorda che siamo fragili. Eppure è
proprio con il nostro corpo che agiamo nello spazio e nel tempo con un fare da
dominatore. Affianchiamo alle parole gesti e movimenti capaci d’influenzare il
corso della Storia.
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